Monday, October 25, 2010

Artists we're taking with us: RIOT QUEER

Riot Queer. A huge gallery full of portraits- so systematic as to appear as a scientific catalogue - provocative, scary, almost surreal and sensual women with cerulean faces. They are dolls with glass eyes, clear like mirrors but paradoxically bursting with life, blood, flesh and bones. A delicate watercolour technique melts with the irreverence and boldness of these scandalous muses, heroines of seduction able to talk about pleasure, dread, imagination. The body- having always caused irritation, unease, reaction within society- is now cut and mutilated by Riot Queer; it turns into something able to convey subliminal messages, signs of fragility , a sense of transgression through marks, words, gesture language, postures. The artist writes stories on the skin: the fragmented bodies of his subjects become like maps to be explored, decoded, places into which one could sink and then loose themselves among crowns of flowers, skulls, nails, blood, butterflies and tits. Bodies that want to escape the rules, want to be other in respect to the social organization and prevailing power. These bodies do not want to be trapped any longer within the quiet boundaries of an accepted, forced, conventional and standardized corporeity; they offer themselves as testing grounds for experimentation- they become expression itself. The references to underground illustration, American tattoo art from the 50’ies, Mexican art, punk music, fetish and soft-core are obvious. Siouxies, Primal Scream and Lou Reed provide the background sound of this scenario, while the audience cannot be but hooked by the new millennium pin-ups.

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Riot Queer Una vasta galleria di ritratti, tanto sistematica da apparire quasi una catalogazione scientifica, conturbanti, orrorifiche, surreali e sensuali donne dai volti cerulei. Bambole dagli occhi vitrei, così limpidi da riuscire quasi a specchiarsi paradossalmente palpitanti di vita, di sangue, di carne e di ossa. La delicatezza dell’acquerello si fonde con l’irriverenza e la sfrontatezza delle sue scandalose muse, delle eroine della seduzione che riescono a parlarci di piacere, terrore e fantasie. Il corpo, che nella società ha da sempre creato irritazione, disagio, reazione, da Riot Queer viene tagliato, mutilato e, attraverso i segni, le parole, il linguaggio dei gesti, delle posture, trasmette messaggi subliminali, fragilità e trasgressione allo stesso tempo. Sulla pelle l’artista scrive storie e i corpi frammentati diventano delle mappe da esplorare, decodificare nelle quali sprofondare e perdersi fra corone di fiori, teschi, serpenti, sangue, farfalle e mammelle. Corpi che vogliono fuggire dagli schemi, vogliono essere altro rispetto ai corpi dell’organizzazione sociale e dei poteri sogettivanti, corpi che non vogliono più essere racchiusi nelle tranquille barriere di una corporeità accettata, imposta, convenzionale, e omologata ma si offrono come campo d’azione, come il campo di un’esercitazione, di una sperimentazione, diventano espressione. E ritroviamo i tanti riferimenti all’illustrazione underground, al tatoo americano anni ’50, e all’arte messicana, al punk ma anche al mondo del fetish e del softcore, il tutto mixato a suon di Siouxies, Primal Scream e Lou Reed, messo in pasto agli occhi di noi spettatori inesorabilmente stregati da queste pin-up del nuovo millennio.

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