Monday, October 25, 2010

Artists we're taking with us: ARRINGTON DE DYONISO

Arrington De Dyoniso As he describes himself in "Mani Malaikat", one of the tracks from his latest disc, Arrington de Dionyso is an omnivorous beast, "encountering worlds unseen", translating these visions through his instinctual artistic production. The delicacy and lightness of watercolor climbs to a multiform terrestrial paradise populated by feline and raven-headed beasts, bodies tangled in unlikely poses with strong and determined colors that dazzle the eye. This shamanic world
of Arrington's drags us through a symbolic bestiary, at once mystical and Dionysian, where the primitivism of simplified form is suddenly full of messages, symbols, telling stories and reports drawing upon an ancient power of storytelling that arrives from medieval folklore and myth to contemporary comix. On closer inspection, this Pandora's jar draws its imagery from something pertaining to each individual part of the human species. In fact, Arrington's artistic approach is directly connected to this instrinsic tension and exclusive property of man that attempts to catalog the entire universe with its multiplicity of forms, structures, and mechanisms. His oeuvre brings to mind a kind of primitivism in which bestiality subjugates reason, or rather, the need to enclose knowledge through the name, the sign, the signifier. Like a god floating over land and sea, this artist from Olympia shapes consciousness by investing his creatures with a disarming sacredness, rising almost pedagogically as if his paintings were a paleolithic post-modern graffiti, soaked in mythology but with its awareness rooted in our ever more urban be-ing. His art, painting or music as it may be, is but a means by which to break through the veil of Maya (Perception), and reach, through a ritual in which Arrington is shaman and catalyst, for the Truth. A profoundly spiritual opera, this work of the "Old Time Relijun" bandleader, in which the Flesh returns to being Word, or rather, the ancestral Roar that shakes the conscience of each one of us, inducing the primordial shudder of the maieutics to give birth to reality.
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Arrington De Dyoniso
Come egli stesso si definisce in "Mani Malaikat", uno dei brani del suo ultimo lavoro da solista, Arrington de Dionyso è una bestia onnivora e mutante che "s'imbatte in mondi mai visti" e ne traduce le visioni attraverso l'istintiva produzione artistica. La delicatezza e la leggereza del’acquerello si arrampicano ad un multiforme “paradiso” terrestre popolato da creature bestiali, teste di corvo e feline, corpi attorcigliati in improbabili pose sfolgoranti di colori forti e decisi. Questo il mondo in cui Arrington, con fare quasi sciamanico, ci trascina, un bestiario simbolico, mistico e dionisiaco al tempo stesso in cui il primitivismo della forma, la semplificazione del tratto si carica di messaggi, simboli, racconta storie e relazioni attingendo alla potenza della narrazione che dal medioevo arriva al fumetto contemporaneo. A ben vedere, il vaso di Pandora dal qualche attinge il suo immaginario è quello che appartiene ad ogni singolo individuo facente parte della specie umana. L'approccio artistico di Arrington è infatti direttamente collegato a quell'intrinseca tensione, di proprietà esclusiva dell'uomo, alla catalogazione dell'universo con le sue molteplici forme, le sue strutture e i suoi meccanismi. Un fare arte, il suo, che richiama una sorta di primitivismo nel quale la bestialità si soggioga alla ragione, o meglio al bisogno di racchiudere lo scibile attraverso il nome, il segno. Alla stregua di una divinità fluttuante su terra e mare, l'artista americano plasma il suo inconscio investendo le sue creature di una sacralità disarmante, che assurge quasi a modello pedagogico, un po' come se i suoi dipinti fossero dei graffiti paleolitici post-moderni, intrisi però di una mitologia e di una consapevolezza radicate più che mai nel nostro essere "urbano". L'arte (pittura o musica che sia) non è che un mezzo con il quale sfondare il velo di Maya della percezione e giungere, attraverso un rituale di cui Arrington si fa sciamano e catalizzatore, alla verità. Un'opera profondamente spirituale quindi, quella dell'ex leader degli Old Time Relijun, nella quale la carne torna ad essere Verbo, o per meglio dire "ruggito" ancestrale che scuote la coscienza di ognuno di noi, e in un sussulto primordiale la induce maieuticamente a partorirne la propria realtà.


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